- MORTE AL MOTORADUNO -

 

            I Black Falcons si stavano preparando alla partenza per Bologna, dove annualmente si teneva il motoraduno più famoso d’Italia.

Sui giubbotti spiccava il logo del gruppo: due ali incorniciavano un manubrio da Custom ed all’interno un gioco di chiaroscuri lasciava intravedere un elmetto da motociclista.

La serata era l’ideale per viaggiare in moto; la temperatura alle 20:00 sfiorava i 18 C° e le osservazioni meteo prevedevano tempo stabile sulla penisola per l’intero fine settimana.

Tutti erano di buon umore, nonostante il viaggio Bari–Bologna fosse di ben 800 km.

Zio Pino, il capogruppo, fece rombare la sua Kawasaki VN2000 ed alzando il braccio diede il segnale di partenza. Le 35 moto, all’unisono, avviarono i motori e l’aria si riempì di quell’odore pungente, tanto amato dai motociclisti.

 

    Zio Pino era un uomo di circa 40 anni, sul metro e 80 di altezza per 75 kg di peso, un tipo di poche parole, ma buone, e per questo rispettato da tutti. Aveva, inoltre, uno spiccato senso dell’orientamento: con lui il gruppo non aveva mai sbagliato strada.

 

    Le moto sfrecciavano alla velocità di 130 km/h sull’autostrada in un unico e compatto gruppo di Custom ma dove, stranamente, per ultime si distinguevano due moto Enduro: una Yamha XT600 ed una Honda Dominator NX 650.

I due enduristi si erano uniti al gruppo, ed erano stati accettati da zio Pino, grazie alle loro qualità. Enzo, il biker con la XT600, era un omone di 105 kg con una barba incolta che gli conferiva un’aria da duro, un mago della meccanica in grado di riparare o modificare qualunque cosa, il compagno ideale per un viaggio in moto. Tonio, il biker con la Dominator, si era guadagnato la loro simpatia realizzando il logo del gruppo. Se Enzo era un mago della meccanica, Tonio lo era del computer.

I due biker si conoscevano da una vita ed erano amici per la pelle, forse perché così diversi si completavano a vicenda ed erano praticamente inseparabili.

 

    Il viaggio filò liscio e l’arrivo a Bologna previsto per le 7:00 del mattino, come anticipato da Zio Pino alla partenza, fu puntuale. I bikers, guardando l’orologio, si chiesero come diavolo avesse fatto ma, in fin dei conti, se l’avevano scelto come capogruppo un motivo ci doveva essere.

Le moto furono parcheggiate nell’area di campeggio assegnata al gruppo e coperte con gli apposti teli. Sul telo che ricopriva la moto di zio Pino, un mostro da 300 kg e 2000 cc di cilindrata, spiccava il logo del gruppo.

Ogni biker cominciò a montare la propria tenda per concedersi una pausa di meritato riposo sino al primo pomeriggio, quando avrebbe avuto inizio il giro per il motoraduno, gare e spettacoli che sarebbero durati fino al mattino seguente. Enzo e Tonio furono i primi a terminare.

Enzo non amava arrivare secondo a nessuno e, con soddisfazione di entrambi, furono i primi ad entrare in tenda per ritemprare il fondoschiena indolenzito per il lungo tragitto, le enduro non erano comode come le custom per viaggiare.

Il telefonino di Tonio alle 13:30 squillò, anzi, cantò, in quanto aveva impostato come suoneria per la sveglia il tronfio canto di un gallo. Sebbene per un tipo come lui questo rappresentasse una caduta di gusto, ormai ci aveva fatto l’abitudine. Enzo in realtà non si svegliò, ma aprì solo un occhio, l’altro era già aperto da 10 minuti, si era svegliato perché i rumori nel campo erano aumentati, cosa inspiegabile visto che l’inizio delle gare era previsto soltanto per le 14:00.

Si alzarono velocemente , prima di addormentarsi si erano sfilati solo i pesanti stivali da moto lasciati ad arieggiare fuori, alle 13:32 erano già fuori dalla tenda.

Il motivo degli insoliti rumori avvertiti da Enzo fu subito chiaro: tra i giubbotti da motociclista spiccavano delle divise da carabiniere. Qualcosa era accaduto, qualcosa di grave.

 

    I due si avvicinarono a zio Pino che, come al solito, sembrava essere il più informato, ma nel suo sguardo per la prima volta notarono una strana luce. Due capigruppo erano morti accanto alle loro moto. Per l’esattezza uno era stato trovato sotto la sua Harley ancora in moto e gli effetti devastanti che la ruota posteriore girando aveva causato sul corpo del poveretto non rappresentava un bello spettacolo.

I due biker morti erano rispettivamente il capigruppo dei Winget Bikers e quello degli Hawks. I carabinieri avrebbero sicuramente concentrato le indagini sui due gruppi ed infatti gli interrogatori erano iniziati.

Tonio si stava già chiedendo cosa potessero avere in comune i due biker, quando Enzo captati al volo i pensieri dell’amico con una smorfia contrariata lo invitò a fare colazione. - Tu lavori troppo con la fantasia! – disse al compagno.

Chissà se zio Pino la pensava come lui. Dalla luce nei suoi occhi nessuno lo avrebbe detto, in fin dei conti anche lui era un capogruppo.

 

    I festeggiamenti nel motoraduno proseguirono normalmente, biker con migliaia di chilometri sotto le chiappe avevano unicamente voglia di divertirsi. Soltanto i Winget Bikers e gli Hawks non parteciparono, in quanto erano tutti rattristati per l’accaduto e raggruppati in un’unica zona del campo in compagnia delle forze dell’ordine.

Tonio, trascinato da Enzo, si girò per l’ultima volta, strano che non l’avesse notato prima: sui loghi dei due gruppi spiccavano un paio di ali, bei loghi, sebbene quello realizzato da lui, si disse compiaciuto, era molto più bello.

Gli stand più gettonati erano quelli aventi per oggetto birra e spogliarelliste, ma a breve si sarebbero svuotati anch’essi. Alle 17:00 iniziavano le gare di accelerazione e nessun paio di tette avrebbe potuto tenere  lontano un biker da una gara del genere.

Centinaia di giubbotti con altrettanti motociclisti al loro interno si diressero verso le piste dove le moto più potenti si sarebbero sfidate in gare mozzafiato.

Enzo e Tonio erano in prima fila e si apprestavano a godersi lo spettacolo, di lì a poco li raggiunse anche zio Pino, la sua moto avrebbe potuto tranquillamente competere nelle gare di accelerazione, ma era ancora troppo nuova per maltrattarla e pertanto aveva rimandato l’iscrizione all’anno seguente.

Le gare però non iniziarono, uno dei motociclisti, poi rivelatosi il capo gruppo dei Dark Angels, era morto sulla linea di partenza.

Il motoraduno stava diventando sempre più simile ad un obitorio. 

 

    Tonio, scoperto il nome del gruppo, non potè fare a meno di notare che sui loro giubbotti spiccavano nuovamente un paio d’ali. Non poteva essere una coincidenza, stavano morendo tutti i capigruppo aventi come simbolo di riconoscimento un logo con un paio d’ali. Questa volta nello sguardo di Enzo la smorfia fu di assenso.

I tre si diressero verso i carabinieri e chiesero di parlare con il più alto in grado. Di li a poco li raggiunse un capitano dalla divisa impeccabile, ma dove stonavano due scarpe nere coperte di polvere. Non ci volle molto per spiegare al militare le conclusioni a cui erano arrivati ed il capitano, un uomo sui 35 anni, si dimostrò subito interessato chiedendo ai tre di informarlo nel caso avessero avuto altre intuizioni.

Tonio non si lasciò sfuggire l’occasione e domandò al capitano l’autorizzazione ad accedere  all’archivio digitale dei partecipanti al raduno. Tutti i gruppi da quell’anno avevano dovuto presentare l’elenco dei partecipanti e la foto del loro logo, da inviarsi per posta o E-mail. Tonio sperava che gli organizzatori del motoraduno avessero già digitalizzato i loghi ricevuti per posta.

Il capitano acconsentì e tutti e quattro si diressero verso gli uffici, dove si rese subito disponibile un ragazzo di circa 20 anni dai capelli rossicci e con degli occhiali spessi come fondi di bicchiere, segno delle troppe ore passate davanti ad un monitor. Tonio iniziò a ben sperare.

Tutti i loghi erano stati digitalizzati e ben presto furono individuati quelli con le ali. In tutto erano 12, ma Tonio scartò quelli dove le ali non rappresentavano il soggetto principale, ne rimasero così 5 : i Winget bikers, gli Hawks, i Dark Angels, i Flying Devils  e i Black Falcons. Zio Pino sembrava sempre più teso, come dargli torto?

Sul volto del capitano comparve un sorriso compiaciuto, anche se il caso non era ancora risolto almeno ora sapeva cosa fare. Diede subito ordine di rintracciare il capogruppo dei Flying Devils e di condurlo da lui.

 

    Enzo, che non aveva mai perso d’occhio l’amico, notò subito che le mani di Tonio ancora non si erano staccate dalla tastiera. Nello scrollare i vari loghi aveva notato un teschio contornato dalle seguenti lettere CTENN HFIFTEEN N. Chi diavolo poteva aver pensato ad un nome del genere e poi, scegliere un teschio come logo? Il suo professore di artistica, quando un alunno dimostrava scarsa creatività, soleva dire “fantasia da chimico”.

Chimico, chimico… a ben pensarci quel nome sembrava proprio una formula chimica

C10  H15 N

Tonio chiese al ragazzo dai capelli rossi se disponesse di una connessione internet, sapeva perfettamente dove cercare la risposta. Bastò aprire explorer, digitare www.google.it ed iniziare la ricerca su quella che sembrava una formula.

Il motore di ricerca dopo 0.35 secondi aveva individuato 5 risultati, il primo della lista era il seguente:

 

C10H15N. S. Adrenergico. Fentermina. a-benzilisoprilamina. C10H15N. M. Anoressico. Prolintano. 1-fenil-2-pirrolidilpentano. C15H23N

 

Un’ulteriore ricerca appurò che si trattava di una sostanza estratta dal curano, ma ben venti volte più letale.

Il capitano era già al telefono con il medico legale quando, dopo due ore, arrivarono i risultati delle analisi eseguite sui corpi dei primi due motociclisti: la misteriosa sostanza era presente nel sangue di entrambi.

 

    Il capitano diede l’ordine, sempre per telefono, di dirigersi in forze nell’area assegnata allo strano gruppo di motociclisti per le indagini ed il relativo fermo. Tonio fece subito notare che non sarebbero servite ingenti forze, il gruppo era composto da tre persone, di cui due uomini con lo stesso cognome ed una donna.

Rimaneva da scoprire come i bikers fossero stati avvelenati, tutti e tre erano morti vicino alla loro moto ed anche questa risultava come una strana coincidenza. Qualcuno poteva aver montato sulle moto un dispositivo che iniettava il veleno.

Tonio guardò Enzo, era lui l’esperto quando si trattava di individuare marchingegni o soluzioni meccaniche. Enzo fece notare che i motociclisti sono tra le persone meno esposte a punture o graffi, casco per la testa, guanti per le mani, protezioni rigide su ogni articolazione. Solo in un posto non si proteggono e quello sono i glutei. Se lui avesse voluto “pungere” un biker avrebbe posizionato qualcosa nella sella per farlo.

 

    Il capitano, che sembrava sempre più soddisfatto, diede ordine ai suoi uomini di sequestrare le moto dei 5 capigruppo e di far verificare dagli esperti della scientifica le selle dei mezzi. Zio Pino pensò subito alla sorte che avrebbe subito la sella della sua moto e sembrò quasi che da un suo occhio stesse per scendere una lacrima.

Enzo aveva visto giusto, nelle selle erano stati infilati degli spilli con un piccolo serbatoio, il tutto aveva le dimensioni di uno stuzzicadenti, piccolo a sufficienza da non lasciare tracce evidenti sulla sella ma contenete tanto veleno da stroncare un bue.

I tre appartenenti al gruppo  incriminato erano stati individuati come padre, madre e figlio. L’anno precedente avevano perso il quarto componente del nucleo familiare, una stupenda ragazza bionda di 16 anni che era stata investita da un gruppo di motociclisti ubriachi dileguatosi senza prestare soccorso e lasciar alcuna traccia. Unico indizio: indossavano dei giubbotti con stampate un paio d’ali sulla schiena.

Il caso era praticamente risolto.

Il motoraduno proseguì, finalmente, senza ulteriori inconvenienti.

 

    La sera del giorno seguente i black Falcons si apprestavano al ritorno. Zio Pino, fece rombare la sua Kawasaki VN2000 ed alzando il braccio diede il segnale di partenza. Come al solito tutte e 35 le moto all’unisono accesero i motori e l’aria si riempì del solito odore.

Sull’autostrada le moto sfrecciavano a 130 km/h ed in mezzo a tutte le Custom spiccavano sempre due moto Enduro, questa volta però non erano in fondo al gruppo ma seguivano a ruota la moto di testa, la VN2000 di zio Pino.

 

 

 

La trama del racconto è interamente frutto della fantasia dell’autore. Solo i personaggi a cui è ispirato sono reali ed hanno dato l’autorizzazione all’utilizzo della loro immagine unicamente al webmaster del sito www.dominator650.it

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Si ringraziano i Black Falcons per aver concesso l’uso del proprio logo.

Si ringrazia Tea per la correzione dei testi.

 

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