- LA STORIA DI UN BIMBO -
C'era una volta un bimbo piccolo, non piccolissimo, ma neanche grande.
Venuto al mondo dopo nove mesi di gravidanza, in un giorno dispari di un mese
pari di un anno bisestile.
Fin da piccolo, ha sempre dimostrato una certa intelligenza, non era un genio,
ma neanche stupido.
Con i suoi coetanei ci giocava spesso, a volte lo prendevano in giro, a volte
invece si divertivano come matti.
Gli piacevano le macchinine, i treni e gli aerei.
Rompeva parecchi giocattoli, non tutti, ma neanche nessuno.
Già a 7 anni sapeva riconoscere molte automobili solo dalla forma, non tutte le
auto, diciamo abbastanza.
A scuola andava bene, non benissimo, la maestra diceva che se si fosse applicato
sarebbe andato meglio, ma comunque se la cavava discretamente.
Gli piaceva impennare con la bicicletta, ogni tanto però cadeva, le escoriazioni
erano frequenti.
Già verso gli otto anni si immaginava a cavalcioni di una moto, e da grande
voleva fare il pilota o il meccanico.
Intanto iniziava a comprare riviste di moto, e sapeva riconoscere molte moto
dell'epoca solo dalla forma.
Aveva diversi problemi con i suoi coetanei, cercava amici veri ma spesso veniva
deluso.
Però si divertiva, faceva sport ed era bravino, non un fenomeno ma se la cavava.
A 9 anni cominciò a guidare la vespa di alcuni amici del padre.
Si fece comprare il Corsarino a 14 anni ed a 16 anni iniziò a comprarsi moto per
conto suo.
Gli amici gli dicevano che era bravo ad andare in moto.
Impennava e impennava ma un suo
amico
lo faceva meglio di lui.
Ogni tanto aveva una donnina, ogni tanto invece passavano mesi senza che l'altro
sesso si interessasse a lui.
Poi si fece la morosa fissa, trovò il lavoro fisso.
Dopo ha lasciato la famiglia proprio quando aveva comprato casa.
Continua a lavorare, prende abbastanza ma non diventa ricco.
Direi un ragazzo come tanti, ne più ne meno, imbecille abbastanza, ma nemmeno
troppo.
Un ragazzo che sa di essere normale ma che quando sale in moto si sente
speciale.
Guarda gli altri, i passanti e gli automobilisti, e gode perchè lui è diverso.
Si entusiasma quando lascia la frizione, piano piano, per godersi il passaggio
da un equilibrio precario bisognoso di tre appoggi alla stabilità dovuta
all'effetto giroscopico delle ruote.
Si entusiasma a pensare quanto felicità possono dare 3 cm quadri di gomma su un
nastro nero e bituminoso.
Quando gode nel pensare alle emozioni causate da una scintilla ridicola dentro
una specie di stufa si sente unico, soddisfatto, non poco, molto.
Si sente motociclista dentro, e la mediocrità di tutte le sfumature di grigio
che ci sono tra una striscia bianca ed una nera non riescono ad entrare dalla
visiera chiusa del casco.
Non passano dalle cerniere del giubbotto in cordura, e non passano nemmeno tra
la spugna del filtro dell'aria o dal tappo ben chiuso del serbatoio.
Quel ragazzo mi sta tanto sulle balle, è un inutile granello di sabbia sulla
spiaggia di un mondo ridicolo, ma quando accende la moto e fa schioccare la
prima marcia, diventa l'unica persona importante e necessaria del suo piccolo
mondo inutile, per gli altri.
La storia è finita, oggi mi sento così e l'ho scritto.
Se vi piace bene, se non vi piace rompetemi i coglioni quanto volete, tanto non
me ne frega un cazzo, ho chiuso la visiera e ho già messo la prima.
:-)