"Buongiorno 

La moto con cui ho corso dakar 88 e 89 

E' honda ufficiale hrd non hrc 

Honda research development 

Ed effettivamente è la mamma del dominator 

A disposizione x altre info 


Cordiali Saluti. 
Best Regards. 

Aldo Winkler"

 

Ringraziamo il sig. Aldo Winkler per averci autorizzato a pubblicare il suo magnifico racconto.

 

I ringraziamenti vanno anche a Paolinuz che si è adoperato per recuperare il materiale e relativa autorizzazione. 

 

 

DAKAR 89

Racconto la storia che tutti mi chiedono cosi la potete leggere qui.

Decidere di fare la Dakar bisogna farlo a giugno come tempo massimo x avere il tempo di prepararsi sia fisicamente sia in moto e anche sia dal punto di vista logistico.

 

L'anno precedente avevo corso con Honda Italia ed aveva vinto Orioli con il bicilindrico , ero nel team b con il monocilindrico. Nei primi mesi dopo la gara i rapporti tra Honda ed il team di Ormeni si sono compromessi di conseguenza la Honda mi aveva vietato di restituire la moto ad Ormeni e x il momento di tenerla. Verso giugno decido di rifare la dakar ed avevo in garage una moto bellissima probabilmente

la migliore in proporzione alla performance di quei tempi.  

Chiedo per prima cosa il permesso di poterla riutilizzare ed il dott. Manicardi allora presidente Honda Italia al quale sono molto grato, mi ha dato anche l'autorizzazione di prendere le moto che sono state usate da Kasmakers ed Everts (il papà) cosa indispensabile x avere i ricambi e per poter rinfrescare con materiale in ordine tutta la moto .Era molto buffo fare il collage di tutti quei pezzi con sopra scritto i nomi Orioli Depetri Terruzzi Everts Kasmakers, ad ogni modo  la moto era della HRD bellissima x quei tempi purtroppo tutto quel materiale era strausato avendo alle spalle piu di 4 dakar con allenamenti vari. Sono riuscito a fare un motore buono ed un altro di scorta un po' al limite,

Era un anno particolare e non sono riuscito x vari motivi a mettermi in un team o di mettermi insieme ad altri piloti, così decido di farla completamente da solo , come organizzazione decido di prendere Mario Barbiero come meccanico aviotrasportato , e di fare 3 casse che ho suddiviso su tre camion diversi almeno così tra i tre avevo più  possibilità  in caso di ritiro di alcuni di essi.

L'anno precedente avevo fatto 19 e se non avessi preso 3 ore x un salto di controllo orario in Francia avrei fatto 12 , mi ero preparato come non mai con la segreta ambizione di entrare dei 10 , ma onestamente l'obiettivo era quello di arrivare in fondo.

La gara parte , a parte un incidente ad un giapponese morto in trasferimento in Francia preso in pieno da un ubriaco, sono cose che colpiscono nel profondo addirittura a farti pensare al senso ti tutto ciò. In Tunisia ho saltato un timbro ma me ne accorgo e torno indietro pero perdo parecchio tempo e sono abbastanza indietro in classifica.  Nella tappa che arrivava a Tumu su un pianoro tutto piatto di sabbia con alcuni altri piloti ci perdiamo (ai tempi non c'era il gps) e mi fermo insieme ad altri x fare il punto della situazione, ero li fermo mi volto e vedo un cretino francese, perso anche lui che andava guardando di lato non mi vede e mi centra in pieno. Da qui cominciano i miei guai ! non ci siamo fatti male ma il retro della mia moto si e piegato con i serbatoi posteriori che toccava la ruota, in 3 sulla moto l abbiamo raddrizzata almeno x proseguire.

A Tumu (altra tappa senza meccanico aviotrasportato ) alla sera ed era il 31 dicembre , l'organizzazione x il capodanno aveva fatto un cenone bellissimo con tanto di fuochi d'artificio naturalmente quel giorno gli aviotrasportati non c'erano ed io sono stato costretto mentre gli altri gozzovigliavano a lavorare x risistemare la moto con crik datomi da un auto.

La Tumu Dirku era una tappa particolare si doveva passare il passo di Salvador e praticamente tornare , molti privati al mattino erano indecisi se tagliare un timbro e praticamente fare una tappa brevissima saltando un pezzo difficilissimo sono stato tentato moltissimo anche pensando che la moto non era perfetta. Ma alla fine decido di farla tutta. Tutto va bene fino al punto in cui vi doveva essere la benzina , tutti i piloti son li ma non la benzina , si decide di proseguire magari é più avanti

Vado pianissimo risparmiando benzina il più possibile altri sicuri che è piu avanti partono a manetta

E poi li vedo fermi ma anch'io ero terrorizzato di non farcela. Quella tappa e stata un disastro si sono ritirati in tantissimi compreso il mio amico Beppe Gualini. Arrivo al secondo posto di controllo e ci fermano li dicendoci che sarebbe arrivata la benzina  arrivata poi alle 20,30  cosi a sera tardissima arriviamo a Dirku  Mario non ha potuto far molto sulla moto ma decidiamo che poteva andare avanti ancora 2 tappe (Maraton) ma poi ad Agadez nel giorno di riposo facevamo un lavoro ben fatto.

Dirku Termit tappa con tantissime dune molto difficili incontro Boano che arrancava tantissimo con il suo africa twin lo aiuto molte volte a disinsabbiarsi. Termit e un posto sperduto con un rudere di casa , l'africatours (l'organizzazione che si occupa del catering ) non c' è , quindi nulla da mangiare .Ci danno bottiglie d'acqua e razioni di sopravvivenza , noi motociclisti siamo andati da un gruppetto di locali che pagando mangiamo un pollo che mi è sembrato meglio di qualsiasi ristorante con  stelle michelin. L'organizzazione ci comunica che la tappa Dirku del giorno precedente,è stata tagliata fino al punto del primo timbro.In classifica ero ben 14, si riaccendono le mie segrete speranze.

Termit Agades, parto e subito nei primi km la moto comincia a rattare ed iniziano i miei guai. Ancora oggi non ho capito cosa non funzionava: probabilmente era benzina sporca. Ad  ogni modo sono stato costretto a fermarmi più volte per pulire il carburatore. Questa operazione però comportava il fatto di smontare il serbatoio della moto (praticamente tutta) per raggiungere il carburatore. Ad un certo punto, in una di queste soste (da notare che ero in piene Tenerè, sulla foto della cartina e vicino al punto R di Niger),

 

dal nulla sono sbucati due ragazzini sui 15 anni; non gli do molta retta perché ero concentrato sui i miei problemi della moto, improvvisamente mi rubano il casco e la borraccia a forma di marsupio. Li inseguo, raggiungo quello con il casco,  me lo riprendo e lui scappa via. Finisco di montare la moto e riparto. Faccio altri 10 km all’incirca e dopodichè la moto si ferma di nuovo. Questa volta il pezzo di ottone che tiene il getto del massimo è caduto giù dal corpo del carburatore. Un disastro! Non ho mai capito se si è rotto per stress del materiale o perché a forza di avvitare e svitare il getto, si è rotto. Ad ogni modo ero esausto, chi è un motociclista sa cosa vuol dire quando la moto non parte: ti stanchi tantissimo ed era tutto il giorno che a singhiozzo non partiva mai. Spero che arrivi un camion in gara e che mi carichi la moto, magari arrivo ad Agades. Molti piloti hanno avuti questa fortuna. Passa la notte, vedendo in lontananza  i fari dei mezzi, purtroppo tutti molto distanti.

 

Al mattino passa un aereo, mi vede e mi lancia un messaggio (che vedete nella foto) dove c’è scritto: “non ti muovere, il camion scopa passerà. Sei sulla pista. Scrivi il tuo numero sulla sabbia. Coraggio!” e se ne va via. In quel preciso momento mi è stato detto che è iniziata da mia (dis)avventura.

 La persona che mi aveva visto invece di segnalare “localizated” ha scritto “recuperated”. Ignaro di tutto ciò, mi metto con pazienza ad aspettare. Avevo letto un libro in cui un tuareg era sopravvissuto mettendosi una pietra in bocca e diventando lui stesso una pietra con la sola forza della mente. Ho cercato di imitarlo. Avevo però parecchia sete anche perché nel tentativo di mettere in moto, avevo consumato molte energie. Passa la seconda notte senza  vedere nessun camion, ma finalmente riesco  a dormire, e mi ricordo di aver fatto tantissimi sogni con tante forme di acqua (vasche, fontane, docce…). Al mattino mi assale un senso di angoscia in quanto mi sono consapevolizzato che ormai ero fuori gara: gli altri sono già ripartiti. Dopo questa angoscia, mi assale un altro dubbio: “perchè non sono ancora arrivati, ma arriveranno?”. In questo stato di angoscia passo tutta la mattina e penso ai due ragazzi con cui avevo quel diverbio. “Sicuramente, se torno indietro troverò qualcuno”, pensai. A questo punto dovevo prendere una decisione importantissima: tornare indietro alla ricerca di qualcuno, con tutte le insicurezze di trovarli veramente, stare lì e magari e nessuno arriva più oppure , magari mentre gironzolavo come uno stupido nel deserto arrivava il camion scopa dove mi avevano visto e non trovavano nessuno. Tutta una serie di pensieri come questi mi ronzavano nella testa. Forse questo è stato il momento più interiormente drammatico di tutta la vicenda. Alla fine decido di partire anche perché il giorno dopo non avrei avuto più la forza di camminare per un po’ di tempo.

Prima di partire, faccio il testamento con un messaggio per Paola  con il quale trasmettere il mio amore. Parto a metà pomeriggio con molta titubanza e torno indietro sulle mie tracce, cammino e cammino… ad ogni passo mi sentivo sempre più debole ma passo dopo passo proseguivo. Ormai era notte e non vedevo più nessuna traccia ed ebbi ancora più angoscia. Fino a che improvvisamente   mi sembrava di aver visto una lucina in lontananza; sembrava vicina, mentre a piedi era distanziatissima o, almeno così mi sembrava. Però più mi avvicinavo, più ero sicuro che c’era qualcosa, e sebbene stanchissimo, tutte le angosce erano svanite.

Più mi avvicinavo, più mi tranquillizzavo, però sempre più sentivo la stanchezza, probabilmente la tensione che fino a quel momento mi dava energia, si stava attenuando e così di botto tutta  la stanchezza si faceva sentire. Tra me mi è venuto in quel momento l’immagine di un disegno di una barzelletta del tipo che camminava a quattro zampe e ridevo tra me. Giungo presso la lucina che era un fuoco che scaldava una famigliola composta da due genitori e sei bambini. Mi accolgono con molta premura, probabilmente rendendosi conto dello stato in cui ero. La prima cosa che chiedo è “l’eau” loro invece mi hanno offerto una brocca di latte cagliato parecchio denso, e nonostante avessi una sete terribile facevo quasi difficoltà ad ingerirlo. Dentro di me immaginavo a che effetto di “caghetta” mi sarebbe venuto, ma loro insistevano dicendomi: “vitamin, vitamin!”. Subito dopo, però, per fortuna mi hanno offerto il loro mitico tè. Forse la cosa più buona che abbia mai bevuto, solo che i bicchierini erano piccolissimi e nonostante continuassero a darmeli, continuavo ad aver sete. Dopo questo “trattamento” il mio fisico si è ripreso ridandomi subito energia.

Con loro era difficile comunicare e si parlava gesticolando e qualche francesismo che mi pareva potessero comprendere. Il capo famiglia parlava tantissimo  ma non capivo molto. Abbiamo iniziato un certo tipo di “relazione”, ho cercato di fargli capire cosa mi era successo spiegandogli che la mia moto si era rotta e che avevo anche necessità di essere accompagnato al “Gudron” ovvero una strada asfaltata . Lui mi fa capire che ci vogliono cinque giorni per arrivarci con il cammello, e che sarebbe disposto a portarmi. Dopo di ché, come un  sasso mi sono addormentato e noto che dentro la capannina  dormiva solo la moglie e il bambino più piccolo, mentre tutto il resto della famiglia era raggruppato di fronte all’ingresso: erano tutti rannicchiati insieme, probabilmente per avere meno freddo. Io invece mi infilo nel mio fido sacco a pelo e mi addormento. Al mattino come prima cosa li vedo alzarsi, rivolgersi verso la Mecca e pregare.

 Tutta l’alimentazione della famiglia consisteva esclusivamente in tè, latte che mungevano dalle pecore e un pastone di miglio. Il latte al mattino era buonissimo appena munto, al contrario della sera, non capivo perché mungevano solo al mattino. Al mattino vedo la mamma che era abbastanza preoccupata per il bambino piccolo perché piangeva sempre, e mi faceva dei cenni sulla testa del bambino.

 Decido così di offrirgli un’aspirina. Ingerita l’aspirina, mi sono reso conto della cosa che ho fatto, pensando magari che poteva avere reazioni allergiche e mi maledicevo da solo per la leggerezza pensando tra me che almeno potevo tagliarla  a metà. Effettivamente, dopo 10 minuti di urla forsennate in cui stavo malissimo si è calmato e come per miracolo si è addormentato. Immagino che bomba poteva essere a un bambino di 6 o 7 mesi in quell’ambiente così asettico. Da quel momento la mamma cominciò a prendermi in considerazione: parlandomi. Probabilmente ero entrato nelle sue grazie.

 

 La vita era molto semplice: la donna schiacciava  il miglio; l’uomo costruiva corde con l’erba e comandava a i suoi ragazzi di tenere nelle vicinanze tutti i cammelli i quali erano legati con le due zampe anteriori. Mi spiegò che la sua occupazione era quella di allevare i cammelli, farli crescere e una volta all’anno andava a vendere quelli grandi, e ne comprava altri piccoli.

 

Un altro episodio abbastanza interessante è che preparando l’acqua per il viaggio vedo che la teneva in due grosse camere d’aria di camion molto vecchie  e piene di buchi tappati con dello spago.

A questo punto, avendo con me la trousse per riparare le forature, mi offro di riparargliele e così ho fatto. Questa cosa per lui è stata  super apprezzata e mi accorsi che ai suoi occhi ero diventato importante. Continuando a parlarci sempre gesticolando ho fatto l’errore di spiegargli che mi avevano rubato la borraccia, non riuscendo però a fargli capire che in quel momento stavo bene.

Nella sua testa si è convinto che mi avessero rubato la borraccia mentre stavo male.(come mi aveva visto arrivare da lui) Che guaio, non l’avessi mai detto! Questo fatto l’ha completamente trasformato: era agitatissimo, nervosissimo e addirittura aggressivo tanto che  si è vestito di tutto punto, si è legato un coltello alla spalla, si è allacciato la spada con la cintura e senza tante buone maniere, mi ha fatto capire che dovevamo andare.

Ero molto preoccupato di infilarmi in qualcosa di pericoloso vedendo il suo atteggiamento e quindi gli feci capire che non ero in grado di camminare ero stanchissimo almeno come scusa speravo funzionasse , nulla sempre piu deciso mi prese un cammello ci mise una sella (che non era altro che due bastoni con una coperta ) e mi spinse sopra . facciamo due passi e la corda che teneva la sella si ruppe e come un sacco di patate caddi e mi tagliai il palmo della mano , sanguinavo gli supplicai che volevo stare li , nulla sembrava che se non mi portasse dove voleva perdesse la faccia  l'onore , non vi e stato nulla da fare e mio malgrado siamo partiti a piedi. Io avevo gli stivali e camminavo impacciato e lui che era magrissimo con gambe che sembravano degli stuzzicadenti camminava veloce e mi spronava a fare fretta. (vista la loro proverbiale lentezza e distacco dalle cose mi sembrava assurdo essere sollecitato con nevrosi a fare fretta proprio da uno come lui e in quel posto).

Dopo una ora di cammino arrivammo presso un raggruppamento di capanne (come quella del mio tuareg) però di almeno 4 gruppi di famiglie ,io ero parecchio preoccupato vedendo l'aria che tirava ,

Mi mise in disparte e si uni a quello che sembrava il capo , arrivò un ragazzo che mise un tappeto al suolo e tutti me compreso eravamo a 10 metri in cerchio. Seduti uno di fronte all’altro, i due personaggi si misero a discutere tra loro parecchio animatamente. Non so per quanto tempo durò questa discussione però a me sembrò un’eternità. Dopo un po’ di tempo uno dei due alzò  un braccio e un altro ragazzino corse verso di lui e gli porse la famosa borraccia (cercai di vedere se riconoscevo i ragazzi del primo incontro, ma non c’erano, il tutto rimase per me un mistero). Quando l’altro capo famiglia porse la borraccia al mio tuareg l’atmosfera si rasserenò e improvvisamente si calmò. Dopo che si salutarono venne dalla mia direzione con un’aria di assoluta fierezza  e mi porse la borraccia soddisfatto come se avesse compiuto una grande cosa. Ovviamente lo ringraziai e salutammo tutto il gruppo di persone lì presenti e tornammo presso la sua capanna (altri km a piedi… che fatica!). finalmente arrivammo, e di fronte all’ennesimo tè tornai sull’argomento che mi portasse all’asfalto e mi promise che l’indomani mattina  saremmo partiti. A  questo punto riuscii per la prima volta a dormire sereno.

 Al mattino ovviamente avevo molta fretta, ma la proverbiale lentezza si stava esprimendo al massimo. Sembrava che non volesse partire  e me lo fece capire con tantissime scuse, o così io avevo interpretato, pensando magari che volesse avere un compenso. Ad un certo punto, dopo aver insistito tanto, mi fece dei segni puntandosi l’orecchio e non riuscivo a capire nulla. Nel frattempo l’aereo dell’organizzazione mi stava cercando con il metodo a scacchiera(così mi fu riferito), e dopo due ore sentii anch’io il rumore dell’aereo e tutto eccitato tirai fuori i razzi che avevo con me in dotazione di sicurezza,  e cominciai a usarli.

Li vide, così si avvicinò e  mi lanciò un altro messaggio insieme a una razione di sicurezza nella quale c’era scritto: “l’elicottero ti verrà a prendere fra un’ora e mezza. Coraggio!” e se ne andò via. Offrii a tutta la famiglia il contenuto della razione di sopravvivenza in cui vi erano dei dolci, delle noccioline, un succo di frutta e parecchie robe energetiche, sicuro che avrebbero gradito, invece me la rifiutarono, e questa fu una cosa che mi sorprese molto rimanendoci male. A questo punto decisi anche  di dargli lo stesso i soldi che gli avevo promesso. Però non sapeva il valore del franco francese, conosceva solo il franco çefa, ovvero la  valuta del luogo. Sono sicuro che quando avrà portato i soldi a cambiare avrà avuto una bellissima sorpresa, in quanto il çefa valeva sei volte tanto il franco francese. Gli spiegai che presto sarei andato via con le persone che sarebbero venute a prendermi, e qui cominciò una lunga discussione perchè lui insisteva che voleva portarmi a tutti i costi portarmi all’asfalto lui di persona. Anche qui un po’ per la difficoltà di comunicazione, un po’ perche insisteva, non riuscii a fargli capire che non era necessario e che dovevo andare via con gli altri . questa discussione continuò finche non arrivò l’elicottero e mi dispiacque molto perchè dovetti quasi scappare dalle sue insistenze. Ho in mente la scena in cui lui mi trattiene per i vestiti e io quasi con forza mi dovetti svincolare. Avrei veramente voluto dargli un abbraccio, ringraziarlo dandogli la mano da grande uomo che era  e questa situazione mi lasciò l’amaro in bocca. L’elicottero partì e guardai quelle persone che mi salutavano ed ebbi un sentimento di tristezza nel lasciarli. Dall’alto vidi anche la mia moto e anche qui provai un sentimento di tristezza. Era strano: avrei dovuto essere felice, finalmente in salvo ma ero quasi malinconico.

 Arrivammo ad Agades, e qui alcuni membri dell’organizzazione mi controllarono dal punto di vista fisico. Mi misero su un aereo e arrivai a Niamey dove nel frattempo la gara stava di tappa. Tutti i miei amici mi fecero grandi feste e subito riuscii anche a fare il primo pasto serio dopo tanto tempo. Riuscii anche a telefonare a casa avvisando che tutto era  a posto e che stavo bene chiedendomi il perché in tutti questi giorni non mi ero fatto vivo.

Voglio approfittare di questa occasione per ringraziare Beppe Gualini e  Andrea Balestrieri e molti altri piloti, perchè insistettero molto spiegando e insistendo all’organizzazione che ero ancora in mezzo al deserto. Se non fosse stato per loro sicuramente nessuno sarebbe venuto a prendermi.

La Dakar intanto il giorno successivo partì e da Niamey insieme  a Bebbe Gualini ci organizzammo per prendere il primo aereo per Parigi.

Vi racconto ancora un piccolo aneddoto. Mentre aspettavamo l’aereo che partì due giorni dopo, gironzolai per la città e incontrai un ragazzo piu o meno di sedici anni che era un genio di matematica, che mi fece anche un po’ da giuda per la città. Gli proponevo di fare operazioni matematiche(addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni…) con numeri di cinque cifre nel giro di pochi secondi, che solo con la mente mi dava la risposta giusta(io per controllarla con carta e penna ci mettevo parecchi minuti e se non era giusto ricontrollando avevo sbagliato io). È particolare come in posti del genere si possano trovare tali personaggi.

Al mio ritorno mi accolsero con tante feste tutti i miei amici. Personalmente, avrei preferito essere festeggiato per un bel risultato. A conclusione di questa Dakar, sentendomi responsabile per la moto, avvisai l’Honda Italia del fatto che la moto era dispersa nel deserto e che in ogni caso mi sentivo in dovere di recuperarla,  mi fu risposto che la moto ormai era persa e che non dovevo recuperarla, però al tempo stesso gli chiesi di poterlo fare, e quindi di tenermi la moto. Nella stessa tappa Picard, pilota ufficiale Cagiva si ritirò contattai quindi Azzalin, responsabile del reparto corse, per poter fare il recupero insieme. Mi diede il numero di telefono di Manu Daiak il quale era amico fraterno di Therry Sabine che era una potenza ad Agades. Fu molto disponibile e mi promise che sul camion che andava a prendere la Cagiva, andava a  prendere anche la mia, che mi avrebbe anche spedito a Marsiglia (Manu daiak morì qualche anno dopo in un misterioso incidente aereo in cui le voci dicono che fu un attentato, in quanto lui era coinvolto nella ribellione dei tuareg di cui si diceva fosse il capo).

 

Aldo Winkler 

 

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